Pensieri su ''La conversazione'' di Francis Ford Coppola, film del 1974, Palma d'Oro a Cannes nello stesso anno e candidato agli Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura l'anno successivo, di cui ricorre il cinquantenario.
L'avvento formidabile e traumatico della tecnica moderna, potentissima corrente materiale grazie e attraverso la quale la borghesia negli ultimi secoli ha gradualmente disintegrato un Mondo che per interi millenni si era basato sui cicli cosmici e naturali, ha segnato lo spartiacque tra la civiltà degli esseri umani in contatto perpetuo con il suolo e le sfere celesti a quella sociale e interconnessa, in cui la disponibilità di imponenti forze produttive ha reso parossisticamente effimeri e vacui i rapporti tra gli individui: essi si sono fatti più vasti e frequenti e conseguentemente meno intensi e più vani; ma soprattutto indirizzati esclusivamente all'ottemperamento dei sacri doveri produttivistici dogmaticamente affermati dal totalitarismo del capitale e mediati dall'entità priva di vita del macchinismo su larga scala.
La produzione industriale è una costruzione organica basata su dei movimenti prestabiliti ed essa non potrebbe esistere senza uno scheletro organizzativo centralizzato e gerarchico che garantisca la permanenza di tutti gli ingranaggi alla loro postazione: ne deriva palesemente che tecnica e sorveglianza siano a tutti gli effetti le due teste del mostro bicefalo della dittatura della borghesia. Attraverso le medesime arterie il medesimo sangue porta ossigeno all'una e all'altra testa, garantendo il reciproco alimentarsi di queste due facce della stessa medaglia.
È il 1974 quando appare nei cinema la locandina di un'opera che ha colto (e coglie tuttora con cocente e fulgida attualità) la tendenza perennemente progressiva e totalitaria della spersonalizzazione dell'individuo ad opera del militarismo civile attuante il più ferreo controllo sociale.
Il titolo è elementare e significativo e pone subito in risalto il carattere chirurgico e microscopico dell'oggetto, vero protagonista di questo dramma: è infatti una conversazione tra due giovani innamorati che occupa le energie lavorative del personaggio principale, agente di lungo corso al servizio di un'agenzia privata di spionaggio, punta di diamante del suo settore e raffinato conoscitore di ogni innovazione tecnologica nell'ambito della sorveglianza. È a lui che il sospettoso marito della giovane ragazza, un facoltoso direttore aziendale, affida il compito di registrare e mettere su nastro il dialogo tra i due amanti svoltosi in una affollata piazza metropolitana.
La professionale e solerte indifferenza tipica del poliziotto è l'atteggiamento lavorativo di Harry Caul, focalizzato esclusivamente a portare a termine la missione e a soddisfare il cliente, da cui riceverà una pingue ricompensa; è la medesima prassi adottata durante tutta la sua lunga carriera professionale passata.
Fino al fatidico momento in cui qualcosa di inaspettato e raro, ma allo stesso tempo così ancestrale ed elementare, penetra oltre la cappa d'acciaio della contemporaneità post-umana, come un granello di sabbia potenzialmente in grado di danneggiare un ingranaggio di questa mostruosa macchina e determinare la rottura dei suoi gangli vitali: è la misteriosa particella dell'identità umana, quel luminoso atomo in cui si compie l'esistenza ontologica del logos, il fragile ma abbacinante lumino della memoria del sangue: come una lucciola errante in una tenebrosa selva, l'occhio umano non la capta con l'immediatezza abituale con cui, nel mondo contemporaneo, percepisce gli enti tangibili e superficiali; ed è forse per un fortuito caso che l'occhio interiore di Harry, come risvegliato da un improvviso riflesso, ha decifrato nella conversazione tra i giovani amanti la presenza di questo soffio vitale così alieno al gelido acciaio dei microfoni e al glaciale vetro delle fotocamere.
Irretito da un improvviso e crescente interesse per l'intimità dell'affetto dei due ragazzi, l'austero e professionale agente Caul, abbandona l'indifferenza tipica della spia per cimentarsi con umana partecipazione nell'analisi dei nastri, che gli fanno sospettare l'imminenza di una inesorabile vendetta contro questo amore clandestino. Ciò lo conduce a smantellare gradualmente la maschera della sua immagine pubblica, involucro che lo imprigiona nella caserma del ruolo sociale e del lavoro coatto e quindi a rifiutarsi di consegnare i nastri al cliente.
La macchina opera nell'universo visibile e appartiene a esso: media relazioni superficiali tra gli esseri umani, decifra operazioni aritmetiche e quantitative, svolge la sua funzione all'interno del mondo deterministico e ne registra le meccaniche leggi: cosa ci offre l'ascolto di un nastro se non una mera trascrizione di suoni, di sillabe e corpi alfabetici? Può esso, senza la forza dell'interpretazione, andare oltre i labili orizzonti della relatività totale?
Harry Caul verrà messo dal corso degli eventi nella forzata posizione di non poter eludere la vista aperta dalla lacerazione del Velo di Maya del presunto perfezionismo assoluto tecnicista: nelle vicende umane tipiche dei nostri tempi ultimi, il confine tra carnefice e vittima, tra aggressore e aggredito si fa sempre più labile e inconsistente, fino a vaporizzarsi del tutto nell'indefinitezza e nel livellamento compressore di ogni differenza e particolarità qualitativa; ciò avviene certamente nell'ambito della lotta imperialista per la spartizione dell'ecumene, dove risulta quanto mai inutile e controproducente indagare da quale lato del filo spinato sia stato sparato il proiettile numero 1 e appare sempre più necessario cimentarsi nell'analisi delle grandi correnti storiche anonime impersonali, che prescindono da ogni logica moralistica e vengono catalizzate da fattori sociali che non tengono conto della cartina geografica dei confini nazionali; ma si verifica anche nel contesto delle relazioni inter-individuali, dove la disponibilità di tecnologie di sorveglianza e controllo sociale di altissimo livello nelle mani dei moderni stati di polizia, ben lungi dal garantire un'applicazione eticamente corretta e matematicamente veritiera della giustizia, spianano la strada alla volontà interpretativa della fazione più potente attraverso l'isolamento decontestualizzato delle prove e la loro eventuale deformazione, prassi totalmente legittimata dalla presunta infallibilità della macchina rispetto alla corruttibilità dello spirito umano; quindi mobilitazione totale di guerra e costruzione del capro espiatorio risultano essere inesorabilmente interconnesse dalla catena d'acciaio del tecnicismo parossistico che blinda il contemporaneo globo terracqueo dell'antropocene.
Nell'ineluttabile declino delle forze spirituali di una civiltà totalmente materializzata e lacerata fin nelle sue viscere, l'esperienza del poliziotto privato Henry Caul è un grido di allarme e soprattutto di mobilitazione attiva lanciato da una grande operazione filosofico-sociologica proiettata sul grande schermo: nonostante gli eventi si evolvano sul tracciato drammatico di binari prestabiliti la scintilla della ribellione interiore congenita in ognuno di noi può essere ridestata: prerogativa imprescindibile all'attuazione dell'assalto spirituale con cui l'anarca tenta l'impossibile operazione alchemica di riunire finalmente la terra con il cielo.